Inaugura oggi 7 febbraio, la mostra “Structures” di Matteo Procaccioli, alla galleria e laboratorio di arte contemporanea Dream Factory in Corso Garibaldi, 117 a Milano.
Curata da Angelo Crespi, la mostra sarà aperta al pubblico dall’8 febbraio al 7 marzo 2018.

Si tratta di un’esposizione di fotografie che non possono essere definite tout court , come tali, perché l’aspetto meramente documentaristico della fotografia è messo da parte rispetto al risultato quasi pittorico delle opere, in cui la postproduzione diventa il momento determinante. Scatti che assurgono al ruolo di quadri, fotografia che si fa arte, un lavoro sul tempo e ancor più precisamente, sulla stratificazione temporale, sulla storia e sulla memoria.

Da anni il lavoro di Procaccioli si sviluppa attorno agli edifici, le città, le strutture, i cantieri, che fanno intimamente parte della vita dell’uomo e che lo rappresentano. Gli edifici raccontati in Structures sono enormi involucri di cemento, svuotati della vita umana, la cui imponenza si pone a contrasto rispetto all’esiguità dell’uomo, che pure ne è il creatore.
Opere svuotate della presenza umana, che evidentemente ne ha fatto parte, edifici abbandonati, privati delle funzioni per cui sono stati creati che diventano parte del paesaggio quasi sospesi nel tempo.
Structures è un’indagine di matrice esistenziale, svolta attraverso l’architettura.

“C’è nel panorama suburbano di ogni metropoli del mondo uno spazio indefinito che fa da schermo ad un tempo sospeso. Il tempo sospeso si appalesa infatti attraverso gli spazi indefiniti delle costruzioni abbandonate; esse sono metafora di quella sospensione temporale e nell’interstizio del non finito (dunque dell’indefinito) alberga l’eternità dell’istante che si prolunga a dismisura. Ragionando su “sospensione” e “indefinitezza” si coglie a pieno il lavoro di Matteo Procaccioli” afferma il curatore Angelo Crespi.

I suoi lavori nascono da un’elaborazione che coniuga tecniche tradizionali e innovative. La registrazione del reale è un punto di partenza obbligato per giungere all’opera finita, frutto di un cammino articolato, in cui l’artista opera fisicamente sulla matericità dell’immagine.
Procaccioli, con punti di osservazioni diversi, che vanno dalla ricerca di verticalità, con riprese dal basso di maestose skyline cittadine alle visioni di città, fotografate a volo di uccello nel loro contesto naturale, pone le basi per una riconsiderazione del rapporto tra le strutture, lo spazio e la natura, la cui assenza, come nel caso dell’uomo, è un eloquente rimando alla sua imprescindibile presenza.

di Francesca Di Giampietro

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